NBA Crossover unisce la National Basketball Association con il mondo della musica, della moda e dell’intrattenimento. Che musica si ascoltava negli spogliatoi o in allenamento quando eri in America?
“Lì il Rap e l’Hip-Hop la fanno da padrone. Non c’è spazio per altri generi. Una volta ricordo che ero andato ad un allenamento e avevo messo i Doors, ed uno dei veterani della squadra ha subito cambiato musica dicendo che lì non erano pronti per quella roba!”
Solitamente cosa ascolti?
“Mi piace il Rock e l’Indie, ma ascolto anche Rap. La mia fidanzata mi ha fatto scoprire Ghemon e lo apprezzo molto.”
Ho visto che quando Salmo ha aperto il concerto di Jovanotti a San Siro indossava la tua maglia dei Celtics; che effetto ti ha fatto?
“Mi ha fatto molto piacere. Io e Maurizio andavamo nella stessa scuola media ad Olbia, ma non ci conoscevamo personalmente. Aveva cercato di procurarsi anche la jersey dei Pistons. Sono molto felice del suo successo.”
In 3 parole.. Per te cosa significa NBA?
“Sogno, o meglio sogno realizzato, ambizione ed organizzazione. E’ incredibile come sono organizzati negli States, è tutto perfettamente funzionante ed efficiente.”
Tu giochi a basket fin da piccolo. Ti aspettavi che saresti diventato un giocatore NBA?
“Sinceramente non lo avrei mai pensato. Ricordo che guardavo NBA Action in tv e ripetevo le azioni in cameretta nel mio canestrino. Erano dei marziani, un campionato irragiungibile...e poi è successo davvero.”
Il tuo primo ricordo di quando sei arrivato in NBA?
“E’ anche uno dei momenti più belli, ovvero la prima notte dopo aver firmato il contratto. Ricordo che mi avevano dato la maglia dei Pistons con il mio nome, ed era talmente tanta la gioia, che l’ho indossata anche per dormire!”
Secondo te quali saranno i prossimi italiani ad arrivare in NBA?
“Al momento è difficile dirlo e fare delle previsioni. Però nell’estate del 2012 nessuno pensava che un altro italiano potesse arrivare negli States, invece poi è stato il mio turno.”
Cosa ne pensi della Nazionale italiana?
“Al momento stanno facendo ottime cose. Non mi piace il nuovo calendario, che non mi permette di essere presente, ma sono contento di come stanno andando le cose, e diversi giocatori si stanno mettendo in mostra.”
E’ vera la leggenda che in NBA i veterani bullizzano i rookie?
“Io sono stato trattato sempre molto bene, anche perché sono arrivato lì che avevo 26 anni. Le cose che ho visto non erano delle vere e proprie azioni da bullo, ma degli scherzi. Una matricola è stata obbligata a portare ad ogni trasferta uno zaino rosa di Barbie, mentre un’altra doveva portare le ciambelle a colazione. Anche da noi, quando siamo in Nazionale, facciamo trottare i giovani.”
Cosa consigli ad un ragazzo che vuole giocare in NBA?
“Se sapessi la ricetta lascerei la pallacanestro e la venderei. Consiglio di giocare tutto il giorno, fare amicizia con i compagni di squadra e divertirsi.”
Qual è il giocatore più forte contro cui hai giocato?
“LeBron. Durant è un miglior realizzatore, ma James è il più forte. Ora ha migliorato anche il tiro.. E’ potente, esplosivo, in controllo, intelligente. Ho avuto la possibilità di marcarlo, e quando mi avvicinavo era come appoggiarsi ad una colonna. Impressionante!”
Secondo te i Golden State Warriors sono i nuovi Chicago Bulls?
“Possono diventarlo. Sono sicuramente la squadra da battere per i prossimi anni. Attualmente a livello di titoli vinti i Bulls sono ancora un livello sopra, ma se continuano così possono diventare una dinastia davvero storica. L’unico modo che hanno per perdere è un litigio nello spogliatoio.”
Qual era l’artista musicale che veniva ascoltato di più quando eri in NBA?
“Sicuramente Drake.”
Visto che durante le partite ci sono dei rapper a bordo campo, hai avuto contatti con qualcuno?
“In realtà il mio highlight c’è stato al Madison Square Garden. Mentre ci scaldavamo tra primo e secondo tempo, è arrivata la palla a Spike Lee che me l’ha data da dietro la schiena con un no look ed ho fatto canestro. Anche se non è valso il punto, è stato un momento epico. A Los Angeles ho visto Rihanna, Drake a New York, poi magari c’era qualcuno che io non ho riconosciuto.”
NBA e stile nell’abbigliamento vanno di pari passo. Che ne pensi dei look di alcuni colleghi?
"I Playoff NBA sono ad oggi uno degli spettacoli più belli al mondo, e i giocatori sono le stelle di questo show. Alcuni si vestono in modo proprio stravagante, ma questo fa tendenza. LeBron con il completo di quest’anno si è superato.”
Rimanendo in tema, essendo “malato” di sneakers, che in NBA sono parte integrante del gioco e del look, volevo chiederti se ti piacciono e se sei anche te un appassionato.
“Mi piacciono, ma ho due problemi: sono tremendamente pigro ed ho problemi di taglia. Molte sneakers non sono facili da trovare quindi preferisco avere quelle che ho. Se esce qualcuna figa la prendo, ma non mi intrippo troppo che poi ci rimango male e mi inc*zzo.”
Dall’esterno traspare che l’NBA è qualcosa di profondo che va oltre il campo da gioco. Cosa provi ad oggi?
“Chi inizia a giocare a basket, in qualsiasi parte del mondo conosce l’NBA. Chi ha avuto la fortuna di arrivarci, e mi ci metto dentro, vive qualcosa di bellissimo. Sono tornato poi in Europa perché avevo più possibilità di giocare al Fenerbahce, che è un’altra sfida fantastica. Sono stra felice di aver fatto questa scelta, senza avere il rammarico di non essermi vissuto un’esperienza così.”
Qual è il tuo idolo di sempre?
“Da bambino Allen Iverson.. Poi Nowitzki, Paul Gasol. Poi pian piano maturando, a parte LeBron, Jordan, Kobe, Ginobili, per tantissimi motivi mi emoziona in un modo pazzesco. Lo considero un umano, rispetto agli altri. Il suo percorso, il fatto che a 40 anni ancora decide le partite in NBA, mi lascia a bocca aperta.”
In Turchia come ti trovi?
“E’ una sfida bellissima, mi trovo molto bene. Abbiamo fatto tre finali di fila di Eurolega ed ora la sfida è quella di rimanere al top.”
Ringrazio Gigi Datome per la disponibilità; NBA & Connexia per l’invito al talk.
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