Ciao Dani, ma questa novità? Cosa è successo?
“L’idea era quella di cambiare, visto che avevamo collezioni sempre più grandi ed il magazzino lì non ci stava più. Ci siamo accorti che la gelateria che era di fronte non apriva durante l’estate, così ci siamo interessati per spostarci. Ci è stato comunicato che aveva chiuso e che cercava un nuovo inquilino. Abbiamo passato dei giorni di fuoco buttando giù business plan, dato che per entrare in un negozio del genere costa 120.000 €. Abbiamo preso la palla al balzo ed abbiamo rischiato: a Luglio sono iniziati i lavori e a Settembre abbiamo inaugurato il nuovo negozio con un bell’evento. Questa mossa ci ha allargato tanto le prospettive, passando da una a cinque vetrine.”
Di che prospettive parli?
“L’idea è stata prenderlo per costruire il format del nostro mono marca. Se un negozio di queste dimensioni e con questo layout funziona, posso replicarlo in altre città. Stiamo sondando il terreno per Roma, Torino e Barcellona. L’idea del flagship è quella di avere delle bandierine nelle città più importanti d’Italia e d’Europa. Abbiamo il pallino che una città importante come Roma vada conquistata da dentro, così come è stato con Milano.”
Dopo questa sorpresa del nuovo store, faccio un passo indietro e ti chiedo: presentati!
“Io sono Daniele Crepaldi e da qualche anno sono il brand manager ed il responsabile marketing dell’azienda. Quando è nato il nostro sogno non erano chiari i ruoli, visto che siamo partiti in 4 e ci conoscevamo dai tempi dell’asilo.”
Com’è venuta l’idea di creare un brand?
“Eravamo sempre insieme ed abbiamo pensato di realizzare una t-shirt per la nostra comitiva di Buccinasco. Per la prima volta ci siamo uniti ed abbiamo lanciato una maglietta dal nome Dolly Noire. Dopo la prima c’è stata la seconda, e quello che guadagnavamo lo reinvestivamo per fare la terza. Da un progetto nato per gioco, a tutti gli effetti nel 2012 siamo stati selezionati da un percorso di Banca Intesa chiamato “Officine Formative”, dove per tre mesi tutti i weekend seguivamo lezioni da diversi tipi di imprenditori, per cercare di trasformare in un’azienda la nostra idea di business: costruire un marchio basato sugli ambassador. Quest’ultima veniva presentata a degli investitori, che più volte ci hanno risposto picche. Io fortunatamente facevo ripetizioni scolastiche ad un ragazzo che proveniva da una famiglia molto facoltosa, e come ultima opportunità ho chiesto ai ragazzi se potevo proporre il progetto a lui.”
Come si è evoluta la situazione?”
“Il padre del ragazzo, credendo più in noi (4 amici che volevano cambiare il loro futuro), che nelle idee imprenditoriali in sé, ci ha dato fiducia ed incredibilmente ha investito una somma nel nostro marchio. Per me, ad oggi, si trattava di una cifra piccolissima, solo 15.000 €, ma ci ha permesso di partire, di aprire la società e con lui, oggi siamo 5 piccole fette dal 20% ciascuno. Io, che ai tempi avevo un contratto a tempo indeterminato con IBM, l’ho stracciato per buttarmi a capofitto in quest’attività, così come gli altri ragazzi, che hanno lasciato l’università per lo stesso motivo. Con 15.000 € di partenza, abbiamo generato i 2.500.000 di € di fatturato quest’anno.”
Ed oggi invece com’è?
“Essendo passati solo 5 anni, ed essendo 4 ragazzi figli di genitori che non provengono dal mondo della moda, né imprenditori, né ricchi, posso dire che abbiamo fatto cose davvero incredibili. Abbiamo aperto questo nuovo store, siamo distribuiti in 230 negozi in Italia ed abbiamo vestito persone che ascoltavamo fin da piccoli.”
Come mai il nome Dolly Noire?
“Ricordo che era estate e che in quel periodo si parlava della pecora Dolly. Noi ci sentivamo delle pecore nere nel decidere di non passare le giornate a cazzeggiare, ma investendo in qualcosa di stimolante. La pecora Dolly era il simbolo di un mondo clonato, mentre Dolly Noire era totalmente l’opposto: creare un mondo clonato, ma di pecore ognuna diversa dall’altra.”
Qual è stato il primo rapper ad indossare il vostro brand?
“E’ stato Nerone. La nostra mossa strategica iniziale è stata quella di fare un prodotto, anche se di nicchia, ma magari più settoriale. Abbiamo iniziato con il cappellino, e questo ci ha permesso di farci vedere (dato che viene indossato in testa), perché era molto richiesto dagli artisti, essendoci pochissimi player che li producevano: New Era e Mitchell & Ness. Noi li abbiamo creati con materiali molto particolari, come la paglia ed il sughero, che ci hanno fatto pian piano conoscere. Da lì abbiamo prodotto una gamma, sempre più vasta, di materiale attorno.”
Qual è stato il rapper che ha indossato DN e che ti ha sorpreso di più?
“Proprio ieri ho visto una foto di Fabri Fibra con un nostro cap. Anche Salmo è stata una grande soddisfazione, e con lui abbiamo fatto il video “L’Alba”. Endorsare un artista così, che è molto poco propenso a fare determinate operazioni di marketing, che ci ha fatto innamorare della Machete, tanto che Dj Slait è sotto contratto con noi da 3 anni ed è diventato il nostro dj ufficiale. Abbiamo fatto delle bellissime cose con Clementino, e in autunno lavoreremo con Ensi. Strizziamo sempre l’occhio verso i giovani, specialmente come Dani Faiv, Beba e Nayt One. Oltre agli MCs per me è stato un onore che una medaglia d’oro Olimpica come Michela Moioli, campionessa di snowboard, indossare DN.”
Con l’avvento dei fashion blogger sarete sommersi di richieste anche di tanti improvvisati. La più assurda?
“La più assurda fa morire ed è freschissima! L’altro ieri mi ha scritto un ragazzo in inglese (che poi quando mi contattano con un’altra lingua capisco subito che fanno un copia e incolla), dicendomi “Hello, I’m a doctor, can you sponsor me?” Questa mi ha fatto ridere troppo, perché siamo arrivati a dei limiti assurdi sui social.”
Che ne pensi del mondo degli influencer street?
“Penso che sia iniziato malissimo, ma sta migliorando molto. Ci sono dei ragazzi che stiamo seguendo e crediamo che stiano migliorando il prodotto, senza fare delle semplici marchette. Questo anche grazie al mondo delle sneakers, che nell’ultimo anno è esploso e sta rafforzando una serie di personaggi, nonché valorizzando il concetto di matchare le scarpe limitate con il resto dell’outfit.”
A proposito di sneakers, qual è la tua preferita?
“Io sono legatissimo alle sneakers da skate come le Nike SB. Non ne ho una preferita in assoluto, ma prediligo quelle basse. La più particolare che ho è la Cityloop di Nike.”
Come immagini il brand tra 10 anni?
“Mi piace risponderti come avrei fatto 5 anni fa: “Spero che sopravviviamo un altro mese”. Sono sicuro che con l’azienda che stiamo costruendo e con i 20 dipendenti che abbiamo adesso, abbiamo un bel potenziale per diventare una grossa realtà europea. Ti dico che spero di sopravvivere un altro mese perché il lavoro dell’imprenditore è davvero imprevedibile, ma sono fiducioso.”
La cosa più incredibile che avete fatto?
“Secondo me è stata quella di continuare ad andare avanti nonostante le difficoltà e le porte in faccia ricevute. 3 anni fa siamo andati su Italia 1 ed abbiamo partecipato al programma “Shark Tank”, ed in diretta televisiva ci hanno detto che il nostro business non aveva senso di esistere, ma il giorno dopo eravamo comunque convinti in quello che stavamo facendo.”
Progetti futuri?
“Stiamo mettendo in atto delle collaborazioni, che se andassero in porto sarebbero pazzesche. Non posso spoilerare, ma te sei molto vicino a questo brand.”
Qual è la tua giornata tipo?
“Mi sveglio abbastanza presto, verso le 7.15. Alle 8.30 sono davanti al computer e trascorro la prima ora e mezza per rispondere alle mail. Nell’altra parte della mattinata svolgo diverse riunioni con i soci o con il reparto comunicazione marketing. Durante il resto della giornata mi dedico agli appuntamenti e curo la parte social del marchio.”
Con chi sogneresti di collaborare?
“A livello di marchio con New Era, come rapper italiano non ho un sogno perché pian piano stanno diventando tutte realtà, come dj ti dico Steve Aoki, come rapper americano ti direi una pazzia tipo Eminem, come calciatore Mauro Icardi.”
Mentre lavori ascolti musica?
“Spesso. Faccio anche tante domande ai ragazzi che lavorano da noi e se non conosco un determinato artista, poi lo approfondisco. Guardo che musica fa, la sua immagine e capisco dal lato brand, se può fare al caso nostro.”
Qual è il tuo pezzo preferito di Dolly Noire?
“Facciamo collezioni tematiche e ti dico che quella sulla “Divina Commedia” è stata la mia preferita, visto che esprime il concetto base del marchio, ovvero non faccio solo un prodotto ma racconto uno story telling. La grafica che ha fatto Francesco Caporale, costituita da 3 pattern all’interno, è qualcosa di unico.”
Conoscevi Surfablog.Com? Segui il mondo dei blog in generale?
“Conoscevo il tuo e lo seguo da un pò. Sto studiando il mondo dei blog ed abbiamo aperto una sezione nel nostro sito, per raccontare le numerose realtà a livello musicale e sportivo. Credo che i blog siano fondamentali e più ce ne sono e meglio è. La direzione che dovrebbero prendere tutti, è quella che stai facendo te, ovvero pubblicare o intervistare chi sta dietro ad un determinato prodotto o brand, senza limitarsi al copia e incolla della notizia dell’uscita di una scarpa ecc.”
Per concludere: il tuo sogno?
“Sarebbe diventare lo sponsor tecnico di una squadra di calcio.”
Ringrazio Daniele per la sua disponibilità. Lo conosco da tempo e dato questo suo low profile, non sapevo molti aspetti della sua carriera. Credo che questo atteggiamento umile e propositivo sia la chiave del loro successo. In bocca al lupo ai ragazzi di Dolly Noire.
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