Ciao Delta! Com’è nata la decisione di partecipare al Thre3Style?
“La decisione di partecipare è stata puramente casuale. Ero venuto a conoscenza di questo contest organizzato da Red Bull, e avevo visto dei video inerenti con dj che facevano quello che avevo fatto per tutta la vita, ovvero mixare velocemente, e fare dei cambi molto articolati. Quando ho visto che era stata organizzata la prima edizione italiana, mi sono confrontato con i miei amici ed ho deciso di partecipare alla mia prima competizione da dj. Alla fine sono diventato il primo campione italiano di Red Bull Thre3Style.”
Com’è cambiata la tua vita dopo questa competizione?
“Ti cambia la prospettiva del modo in cui fai il dj. Da dj settoriale Hip-Hop, Funk, Dancehall, sono diventato un artista open format, in cui il dj può spaziare tra vari generi, così da creare un vero e proprio spettacolo nel club. Mi sono spinto verso una maggiore libertà nei miei set. Ovviamente è anche cambiata la mia vita in senso di visibilità, ma ho sempre fatto il guest in giro per l’Italia. Ho notato una maggiore attenzione a livello internazionale, dato che sono aumentati gli spot e i gig stranieri come in Portogallo, Spagna, Svizzera.”
Com’è andata l’esperienza della finale mondiale in Cile? C’è qualche aneddoto che ricorderai?
“Sicuramente ricorderò Mix Master Mike che è venuto da me e mi ha detto “Te hai la luce!” Mi ha particolarmente colpito, perché grandi dj come lui, Jazzy Jeff, Nu-Mark, sono personaggi che hanno veramente del knowledge, ed hanno molto da insegnare, perciò non ti aspetti che vengano da te e ti riconoscano come loro pari. Quello è stato un life goal più importante del risultato finale della battle, perché significa essere arrivati a misurarsi con i propri miti ed avere il loro rispetto. Ho stretto rapporti di amicizia con dj di tutto il mondo, e questo mi ha permesso di vedere il djing sotto diverse prospettive, da quello che è in Tailandia o da un altro punto di vista in Cina. Sono dei confronti utilissimi che ti permettono di migliorare e di crescere. Non scorderò mai il momento in sé, l’energia che c’era, il fatto di rappresentare la comunità dei dj della propria nazione. E’ una responsabilità forte che al tempo stesso ti onora.”
E’ un fattore che si sente quando si è lì?
“Lo senti molto. Quando sei lì non sei Dj Delta che propone Dj Delta, ma sei Dj Delta che rappresenta l’Italia, e dietro di sé ha tutto un background di altri dj che hanno fatto cose prima o parallelamente a lui, che gli permettono di essere quello che è. Io facevo vedere a Mix Master Mike e a Jazzy Jeff i video degli altri dj italiani per fargli capire che anche noi abbiamo la nostra tradizione del djing. Gli mostravo qual è l’Italia ed io ero lì perché il fato l’aveva voluto, ma poteva esserci un altro, quindi avevo il dovere di far vedere che provengo da un posto dove ci sono altre persone che fanno questa cosa e che la fanno bene”.
Che consigli daresti ad un giovane dj che ha appena iniziato?
“Gli direi nell’immediato di conoscere le radici di quello che fa, e di studiare la sua musica. Ora con YouTube e Spotify, il prodotto culturale che è la musica non viene posseduto, ma si ha solo l’accesso ad esso. Io e Sax compravamo i dischi ed avevamo il possesso della musica, che automaticamente amplia anche la tua conoscenza in merito. Oggi il ragazzino può cancellare 8 GB di musica nell’immediato e mettercene altri. Ora ti può dire “A me piace la numero 4”, non ti dice il titolo del brano. Io ad un giovane dj gli farei capire che ha una responsabilità nella musica, in quanto “musicista”, ovvero di esserne un conoscitore essendone un diffusore. Non puoi scaricare della musica da internet che neanche conosci e metterla in un set solo perché la vedi in classifica. Successivamente viene l’aspetto tecnico, e la necessità di imparare le fondamenta del mixare. Il 50% per un dj è la knowledge, il resto è lui: tecnica, stile, attitudine.”
Tu sei siciliano di Alcamo. Come si vive l’Hip-Hop in Sicilia?
“Vedere l’Hip-Hop dalla finestra di una casa siciliana non è la stessa cosa che vederlo da una casa di Milano. L’Hip-Hop è un tipo di cultura che dovrebbe dare, come suo fondamento, la possibilità ad un individuo di esprimere liberamente le sue attitudini migliori. In Sicilia questa libertà è spesso frenata da una serie di meccanismi della società. Negli anni ’90 se giravi con i pantaloni larghi trovavi il cinquantenne che ti dava la scoppola e ti diceva “Come c*zzo sei vestito?” Anche se iniziavi a rappare e prendevi il microfono, non è che potevi dire tutto quello che ti passava per la testa, perché appena finivi c’era sempre qualcuno sotto al palco che ti chiedeva spiegazioni. Questa che potrebbe sembrare una penalizzazione, è stato un vantaggio per noi siciliani, perché ci ha spinto a trovare vie alternative per esprimerci, tanto che ha definito il nostro stile. Non sentirai mai un siciliano che fa un Rap frontale, ma sai che gira attorno al punto e che ti ci fa arrivare per vie traverse. A livello di djing siamo la regione con più titoli in Italia: Collasso campione DMC, Inesha pure, Tommy Boy dell’ITF ed io del Red Bull Thre3Style. Siamo sempre stati concentrati sul nostro obiettivo, quello che sapevamo fare lo facevamo bene e sempre attenti a quello che ci accadeva attorno.”
Oltre al djing svolgi altre attività?
“Io sono un dj professionista e vivo esclusivamente di questo da una decina d’anni. Precedentemente per 6-7 anni ho fatto il ricercatore di economia e di sociologia. Mi occupavo di spesa pubblica, di statistica ed ogni tanto nei miei post esce fuori questo mio lato. Ho lavorato e vissuto a Roma, a Madrid e a Londra.”
Ho letto sul tuo sito che collezioni vinili. Quanti ne hai?
“Ho tre scaffali di IKEA pieni. Considerando che in ognuno ce ne vanno 2.000, ne ho circa 6.000.”
Ce n’è qualcuno a cui sei particolarmente legato?
“Questa è una domanda che mi mette fortemente in difficoltà. Posso dirti “Kind of Blue” di Miles Davis, “Rockit” di Herbie Hancock, ci sono dei pezzi seminari che mi hanno fatto capire quello che faccio io adesso. Ciascun brano di ogni genere racconta una storia.”
Continui a comprare?
“Continuo sempre a comprare. Ultimamente per affetto ho preso quello degli A Tribe Called Quest, quello dei Run The Jewels e quello dei De La Soul. Acquisto parecchi singoli degli anni ’90 che mi ricordano quel periodo. Anche parecchio Funk. Come dicevo a Sax però, io i vinili li ho sempre odiati.”
In che senso?
“Ho una marea di vinili a casa e li ho sempre odiati perché rappresentavano il limite fisico tra quello che avevo in testa e quello che effettivamente potevo fare con essi per molteplici problematiche. Quando è arrivata la fase del Serato c’è stata la svolta, perché mi ha permesso di mettere in pratica quello che ho sempre avuto in testa con semplicità. Non sono il fighetto del vinile che ha quattro dischi di suo padre per fare l’hypster. Io a casa ho le pareti foderate di dischi, ma li odio, e se mi dicessero di fare un set con solo vinili, per me sarebbe una rottura. Guai a chi mi tocca quei dischi, sono miei figli, ma li ho massacrati. La mia copia de “La Rapadopa”, che ora ha un valore di 1.500 €, se la vedi è una pergamena con la copertina disastrata, perché io quel vinile l’ho vissuto. Ho un sacco di dischi di valore che non penso minimamente di vendere, e che sono lì perché si accumulano negli anni. Sono a casa dei miei, dove occupano un intero piano, con i ventilatori puntati accesi. Non sono un feticista, ma ognuno di essi mi ricorda quando, dove e con chi l’ho comprato. Comunque per me la quantità non conta un c*zzo, considera che ci sono stati momenti in cui compravo stock dalle radio e sono arrivato ad averne 15.000. 6.000 è la mia selezione personale.”
Come vedi questa esplosione dell’Hip-Hop all’interno dei club o nei contesti che fino a pochi anni fa rinnegavano questo genere?
“La vedo bene perché finalmente l’Hip-Hop ha un riconoscimento mainstream per quello che abbiamo fatto negli ultimi 20 anni. Io ho trascorso quasi 15 anni a comprare dischi di Rap americano, che non voleva ascoltare nessuno. Ben venga che ci sia l’apertura di altri canali, anche di massa. Prima dicevo a Sax che, però, questo trend gran parte di noi dj Hip-Hop l’ha perso. Spesso l’Hip-Hop in discoteca viene messo da dj da discoteca che si sono riciclati dj Hip-Hop (scusa il gioco di parole). Un dj che fino a ieri metteva gli Eiffel 65, mentre ora mette nel club Kanye West, perché glielo ha detto Spotify, mi provoca frustrazione perché anche noi dj provenienti dall’Hip-Hop spesso siamo stati chiusi nei confronti di questi ambienti. Non siamo riusciti a proporci, perché in molti volevamo che questa roba rimanesse solo per noi. Se tutte le discoteche del mondo si aprissero alla Black Music, io sarei contentissimo. Sarò contento al 100% se a suonare ci saranno i dj Hip-Hop che hanno fatto la storia di questo genere musicale in Italia. Non quei dj che suonano con l’Hercules, anzi se io vedo un dj Hip-Hop che suona con ‘sti giocattolini, mi viene da prendergli questi controller e spaccarglieli in testa, ma non perché sono un talebano. E’ per il knowledge di cui parlavamo poco fa: il dj Hip-Hop è “The Wheels of Steel”, e deve suonare con i giradischi, perché è cultura anche quello. I piatti ti riportano all’immaginario del Block Party, ed è giusto che la gente che va in discoteca veda questa forma, e solo un dj Hip-Hop può farlo. Il dj improvvisato questa roba non la sa.”
A cosa fai attenzione mentre suoni nel club?
“Tengo d’occhio due cose. La prima è il c*lo delle donne e se si muove vuol dire che stai spaccando, altrimenti è finita. La seconda è il bar. Il dj da club deve guardare questo. Se il bar non lavora, dell’Hip-Hop non gliene frega più un c*zzo a nessuno, e la prossima volta chiameranno un dj Techno. L’assioma è: fai muovere le ragazze, attorno a loro ballano i ragazzi, questi ad un certo punto offrono da bere e il bar lavora. Il promoter guadagna, la gente si diverte e il dj viene confermato."
Prima ti ha telefonato Dj Double S e ne approfitto per chiederti: hai sfornato da poco un mixtape con lui. Com’è nato il progetto?
“Questo è il volume 2 di “ComboKlat”. Io e Rino ci conosciamo da tanti anni e siamo amici fraterni. Ci vedevamo spesso prima di collaborare, e parlando dei rispettivi progetti mi ha chiesto di fare un mixtape con lui che fondesse il Reggae e l’Hip-Hop. Il concept è stato quello di inserire tutti i pezzi realizzati dalla collaborazione tra artisti di questi due generi. Nel volume 1 (per ascoltarlo clicca qui), avevamo collaborazioni come: BoomDaBash, Lion D, Brusco, Mama Marjas, Terron Fabio, Alborosie, mentre nel 2 (per ascoltarlo clicca qui), abbiamo tirato in mezzo: Danno, Ensi, Payà, Marcolizzo e Zuli. Sono tape nati da una stima artistica reciproca che c’è sempre stata, e vedevamo che colmavamo un vuoto di conoscenza nell’ambito del Reggae e dell’Hip-Hop. In realtà è una connessione che ha radici storiche, tanto che Dj Kool Herc è giamaicano. Nonostante ci siano delle visioni discordanti su questo aspetto, io sono convinto che l’Hip-Hop venga proprio dal Reggae, e quando Kool Herc andò negli Stati Uniti reinterpretò i sound system giamaicani con il suono americano. Il tape è anche stampato in copia fisica, perché siamo molto legati a questo supporto e poi anche se ora vanno molto di moda i Podcast, secondo me il mixtape nel 2017 è ancora davvero istruttivo. Se due dj che hanno in combination oltre 20.000 vinili, non sai che possono tirare fuori”.
Se dici così allora immagino che non c’è due senza tre..
“Pensa che quando abbiamo chiuso il primo volume, abbiamo rosicato da pazzi che non fossimo riusciti ad inserire certi pezzi. Allora abbiamo voluto fare il volume 2. Chiuso questo ci siamo ritrovati nella stessa situazione dell’uno, ovvero che c’è ancora materiale per un terzo. Possiamo farci un'enciclopedia, poi se pensi che c’è di mezzo Rino è finita. Lui è una sorta di Wikipedia del Rap: se non ricordi un titolo, una data, un produttore o una copertina di un disco, invece di cercare su Google, chiami Double S e lui ti sa dire tutto. E’ una cosa impressionante!”
Domande a bruciapelo: i tre migliori dj italiani da club?
“Uno ce l’ho qui davanti (Dj Sax). Dj Tay-One. Master Freez. Se fosse stato vivo Ciso ti avrei detto lui. Ne sono rimasti fuori tanti, ma questi tre rappresentano più di tutti come vorrei che fossero i dj club in Italia."
I tre migliori dj italiani da turntablism?
"Simo G di Alien Army. Faxer sempre di Alien Army. Protokay."
Il tuo mentore?
"Dj Nu-Mark. Ma anche Cash Money, Jazzy Jeff, Aladdin e Dj Scratch degli EPMD sono i punti di riferimento che ho sempre avuto. Può sembrarti strano ma anche Dj Prezioso per lo scratch. Lui è un genio musicale: è stato il primo dj a cui ho visto fare drumming in vita mia. Molto dello scratch che faccio adesso, l'ho preso da lui.”
Come sarà per te la console del futuro? Resteranno i giradischi?
“In realtà mi chiedo se resterà il dj. Al di là dell’ironia, credo che una possibile evoluzione futura sia il wireless. Un giradischi ed un mixer Wi-Fi, senza dover collegare tutto ogni volta.”
Progetti futuri?
“Riposarmi a Settembre. Da fine 2015 ad ora non mi sono mai fermato. Stavo con un gruppo, Shakalab, con cui ho fatto un disco, il Red Bull Thre3Style, poi ho dovuto preparare il mondiale. In futuro farò parecchi video e dei tutorial.”
Ringrazio Dj Delta per la chiacchierata molto interessante, e Dj Sax per aver organizzato l’incontro.
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