domenica 23 ottobre 2016

SURFABLOG.COM INTERVISTA FRANCESCO MONTANARI

Lunedì scorso, presso il Circuito Internazionale di Aprilia, ha avuto luogo l’esclusivo evento di G-Shock “G-Steel Battle”. I capitani delle due squadre sfidanti sono stati Salvatore Esposito e Francesco Montanari. A condurre l’evento ed a presentare le sfide c’era il sottoscritto. Essendo un grande fan delle loro due interpretazioni più famose, rispettivamente Genny Savastano e Il Libanese, prima di iniziare ogni attività con G-Shock ho avuto il piacere di fare delle domande ad entrambi. Vai quindi su “Continua a Leggere” per l’intervista a Francesco Montanari.


Siamo alla presentazione del G-Steel di G-Shock. Sei fan del brand?
“Sinceramente all’inizio conoscevo G-Shock solo di nome, ma quando mi hanno chiamato mi sono documentato ed ho trovato che sia fantastico”.

Il tema centrale di G-Steel è la resistenza. Quanto è stato duro interpretare Il Libanese e girare in quei contesti così difficili?
“Ci sono delle analogie, perché quando giri una serie tv, il lavoro è così lungo per cui la resistenza è fondamentale. I ritmi sul set sono velocissimi, devi stare sempre concentrato e quindi in generale il lavoro dell’attore ha sempre a che fare con la resistenza. Ci vuole tanta volontà e tanta disciplina, così come nel Rap giusto? Essere attore è anche un modo di approfondire e di conoscere se stesso.”

Come sei stato scelto per quel ruolo? Com’è andata? Ti aspettavi un boom tale della serie?
“Ho fatto sei provini , ed al sesto Sollima mi ha detto “Se vuoi questo ruolo devi farmi lo sguardo da contratto!” E da lì è nato il famoso sguardo del Libanese. Anche sul set ogni volta mi diceva “Libano ora farmi lo sguardo da contratto!” Il successo non me lo aspettavo e non ci pensavo. Il successo è un fattore anche misterioso, ma leggendo le sceneggiature e vedendo lo staff tecnico ed attoriale che c’era, ero abbastanza convinto che sarebbe uscito un prodotto di qualità eccezionale”.

Com’è cambiata la tua vita dopo la serie?
“E’ cambiata nelle possibilità di fare le cose che voglio nel mio settore. Da una parte è un lusso, ma dall’altra è anche una prerogativa fondamentale. Come nel tuo, penso che ci siano tante analogie, fare una canzone su commissione è un conto, mentre farla come vuoi te è un altro. Quindi sicuramente nel teatro posso fare quello che mi va di fare. Mi piace perché il teatro è una grande palestra per me, e mi permette di interpretare dei ruoli molto belli. Io ora sono in scena al Teatro Eliseo fino al 30 Ottobre, anzi se vuoi venire mi farebbe molto piacere”.

Mi dici un aneddoto particolare che ti è capitato durante le riprese? Qualcosa che ti ha stupito e che ricorderai per tutta la vita?
“Guarda, io mi sono rotto la fronte e qui ho una piccola cicatrice. Stavamo provando una scena del primo o del secondo episodio, dove praticamente io salivo su un camion e non si accendeva. Era la scena in cui rubavamo le macchine da scrivere, quindi proprio una delle prime scene. Praticamente, durante la prova io scendo dal lato del conducente e boom, sento un botto, alzo gli occhi e vedo un tubo innocenti che trema. Lo avevo preso in pieno ad altezza fronte e ho pensato “Vuoi vedè che me so aperto la fronte?” Me la sono toccata e c’era un fiume di sangue che colava. C’era Alessandro Roja che mi fece molto ridere, perché, essendo il camion molto alto, vedeva i miei piedi che barcollavano. Non sapevo che fare, vado verso la macchina da presa e vedo tutti inorriditi. Al ché mi sono molto preoccupato e mi sono visto il volto pieno di sangue. Fortunatamente non era successo nulla di grave.”

Nel mio blog parlo spesso di musica, e nella scena Rap sei uno dei personaggi più amati. Segui qualche artista in particolare? Qual è la tua canzone preferita?
“Io vengo da un percorso musicale differente, ovvero dal Metal. Però mi sono avvicinato al Rap perché la migliore amica di mia moglie è Ema, che è la fidanzata di Gemitaiz. Quindi dopo averlo conosciuto personalmente siamo diventati molto amici. Mi ha un pò istruito sul Rap, e devo dire che è un mondo molto affascinante. Avevo un pò il pregiudizio stupido, quello dell’imitazione americana, inoltre sono nato nel Quartiere Alessandrino, che è una periferia romana, quindi la strada raccontata dai rapper americani non la riconoscevo come quella narrata dai rapper italiani. Invece poi ho scoperto una serie di artisti che dicono la verità, ed è una cosa molto bella!”

Ringrazio Francesco per la sua disponibilità, Jessica ed Alessandro di Casio per l’invito, Marco Waldis per le foto e Pil Associati per l’organizzazione.
Per leggere l’intervista a Salvatore Esposito clicca qui.
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