Fin dai tempi del liceo e dell’università, Flavio ha sempre vissuto di basket: prima facendo l’arbitro nelle serie giovanili, poi collaborando con pubblicazioni specializzate come “Superbasket”. Ha iniziato la sua esperienza radiofonica nel 1981, sostituendo Federico Buffa che era in trasferta negli States, ma che al suo ritorno lo ha scelto come suo collega.
Successivamente è diventato un telecronista per Italia 1, Tele+, ed ora lavora per SKY Sport. Oltre alla tv è anche uno scrittore con 4 libri all’attivo.
Dopo aver conosciuto Flavio nel giorno dell’incontro con Kobe Bryant (per saperne di più clicca qui), ieri gli ho fatto una serie di domande. Vai su “Continua a Leggere” per l’intervista.
Che cosa si prova a fare della propria passione un lavoro?
“Riconoscenza per la propria sorte, ma un lavoro è un lavoro, quindi va fatto in un certo modo. Dal mio punto di vista, essendo anche la mia passione mi sento un privilegiato”.
Ho visto a Natale “The Reunion”, il documentario che hai realizzato con Federico Buffa. Definiresti la vostra storia come un’American Dream in Italia?
“Sì, anche se spero che non illuda troppe persone, perché io sono stato fortunato e Buffa è stato bravo. Entrambi siamo andati molto vicini nel fare quello che sognavamo negli anni ’70/’80, però guai a credere che tutti i sogni si avverano, meglio credere che tutti i sogni meritano di essere perseguiti”.
Qual è stata la partita più emozionante che hai visto dal vivo?
“E’ molto facile dire Gara-6 del 1998 con il famoso canestro di Jordan, ma è una suggestione, probabilmente. Si tratta di una partita di cui si parla oggi e se ne parlerà ancora tra 20 ed anche 40 anni. Ce ne sono tante meno conosciute che però mi hanno lasciato qualcosa in particolare. Ad esempio un San Antonio Spurs vs Los Angeles Lakers di regular season o Turchia vs Islanda degli europei del 2015, quando nonostante la prima fosse già qualificata e la seconda già eliminata, l’Islanda ha portato il match ai supplementari, dimostrando che al di là degli stereotipi c’è gente che gioca per il gusto di farlo”.
Immagino che il giocatore più forte che hai visto sia stato Michael, sbaglio?
“Giuro che non me lo sono mai chiesto e non mi pongo il problema. Ne ho visti tanti forti e spero di vederne ancora altri. Sicuramente Jordan appartiene all’ultimo cielo di quella volta”.
Come vedi l’evoluzione dell’NBA oggi? Ti piace com’è oggi rispetto a prima?
“Credo che l’evoluzione sia tale sempre e comunque. Non è una linea dritta, ma va sempre avanti. L’NBA è cambiata molto. Le emozioni che abbiamo vissuto per un motivo anagrafico personale, per il fatto che siamo stati la prima generazione ad aver avuto un minimo di accesso all’NBA, sono indimenticabili. Quindi l’emozione che vivi quando scopri una cosa è diversa rispetto a quando la conosci e continui ad assaporarla. Perciò ogni tanto si fa un pò di confusione, soprattutto tra quelli “vecchi” come me, nel confondere le sensazioni di allora con il dire “era meglio allora”. Meglio oggi, ma ricordare allora è importantissimo e la cosa bella è vedere lo sviluppo”.
Prima dell’intervista raccontavi di quanto ti abbia sorpreso l’esito finale della stagione passata. Qual è il tuo pronostico per la prossima?
“Se non iniziamo a vedere giocare Golden State, non possiamo sbilanciarci. Nel momento in cui un team, che ha vinto 73 partite e che ha fatto la seconda finale consecutiva, inserisce in squadra un giocatore come Durant, sappiamo che si va verso un periodo in cui ci sarà molta meno stabilità, quindi fare le previsioni è davvero difficile. Nel 2002 fare delle previsioni sui Lakers era abbastanza semplice. Adesso lo è molto meno, quindi dobbiamo vedere almeno 3 mesi di stagione”.
Come vedi la percezione dell’NBA in Italia? La vedi in crescita?
“Vedo una clamorosa crescita. La macchina NBA è poderosa e lo è sempre stata. Una volta viaggiava su piattaforme di un certo tipo, mentre oggi è normale vedere in Piazza Duomo gli stand NBA, è normale svegliarsi e guardare gli highlights, e quindi gli italiani sono molto più vicini”.
Avendo visto tanti giocatori dal vivo, o in azione o perché li hai intervistati, mi puoi dire un aneddoto che ricorderai per sempre?
“Ce ne sono mille, ma uno che mi viene in mente è questo: avevo sbagliato strada e dopo che era finita Gara-7 (che i Warriors avevano perso contro i Cavaliers), sono capitato per sbaglio nello spogliatoio di Golden State. Gli addetti mi hanno chiesto di uscire perché non potevo stare lì, mi sono girato ed ho visto Steph Curry che usciva dalla porta e che, accolto dalla moglie e dalla figlia, aveva un’espressione che normalmente si ha per cose intensissime della vita, di solito per le disgrazie onestamente. E’ l’esempio che spiega quanto lo sport sia potente nel bene o nel male. Anche crudele a volte”.

Ringrazio Flavio per la sua disponibilità, 2K Sports e Connexia per l’invito e Mattia Pistoia per gli scatti.
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