Lo slogan “stare insieme per fare qualcosa di buono” non è una semplice frase, ma una priorità del team, tanto che ieri, grazie allo sponsor Ethos Profumerie, abbiamo raccolto 5.000 € consegnati all’associazione Maith Onlus, che si occupa del progetto #pettherapy, ovvero la terapia assistita con cani, conigli e pony, per insegnare alle donne della Casa circondariale a prendersi cura degli animali, ma soprattutto di se stesse.
Giovedì quindi, ci siamo recati al carcere di San Vittore dove la Nazionale Hip Hop, composta da: Emiliano Pepe (capitano), Michele Michelazzo (team manager), Simone Zonca (allenatore) Eddy Veerus, Enigma, Gebril, Rise, Red Nose, Canesecco, Shade, Roberto Marchesi, Gianmarco Valenza, Andy dei Pink is Punk, ed io, abbiamo sfidato la squadra dei detenuti della nota prigione milanese.
Sarà stata la pioggia intensa, il cielo e le mura grigie del carcere, i controlli all’ingresso, il percorso che conduceva al campo, lungo il quale c’era un piccolo spazio dedicato ai bambini e agli incontri con le famiglie, ma era forte la sensazione di tristezza e disagio di trovarsi in un posto in cui si spera di non finirci mai dentro.
Una volta arrivati a questo campo sintetico, che con la pioggia era diventato una sorta di tappeto bagnato scivoloso, circondato da torri per le vedette e muri perimetrali, sono arrivati i detenuti, dai quali percepivi la gioia di poter staccare un attimo dalla monotonia della vita da rinchiuso, ma la tristezza che entro un’ora sarebbe finito tutto. Come ho detto prima, il match si è svolto sotto una pioggia fittissima ma, nonostante non ci fossero le panchine coperte, anche chi non giocava è rimasto a bordo campo sotto il diluvio a supportare i compagni.
La partita è terminata con la vittoria della squadra del carcere per 5-3 (doppietta di Marchesi e Enigma per la NHH), dove l’ultima cosa che contava era il risultato, ma la sensazione di aver provato un’esperienza davvero intensa.
La giornata si è conclusa con il ritiro del cellulare dalla cassetta di sicurezza, la restituzione del documento d’identità dal secondino, l’apertura del portone d’ingresso da parte di una guardia e, dalla parte opposta, la malinconia dei detenuti che passano ai controlli del metal detector per tornare nelle loro celle.
A raccontare al meglio l’esperienza non sono le mie parole, ma i bellissimi scatti realizzati da Federico Grego.
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