Le sneakers sono realizzate da persone che lavorano 10 ore al giorno, per sei giorni alla settimana e pagati 173 € al mese, ovvero 47 € in meno rispetto al prezzo di retail di ogni scarpa. La cifra di 173 € mensile è soltanto 7 € in più rispetto al minimo consentito dalla legge cinese ed inoltre ogni dipendente è costretto ad arrivare 15 minuti prima dell’inizio del suo turno, per cantare insieme ai suoi colleghi l’inno dell’azienda.
A solo un giorno di distanza dal post, adidas ha risposto alle accuse in questo modo:
“La società è totalmente impegnata a tutelare i diritti dei lavoratori e a garantire delle condizioni di lavoro eque e sicure nelle fabbriche occupate nella produzione globale. Inoltre l’articolo del Mirror presenta delle inesattezze numeriche, dato che i dipendenti ricevono dei benefit, dei bonus, dei buoni pasto e dei premi di anzianità. I nostri lavoratori ricevono un reddito medio mensile pari al doppio rispetto a quello standard in quelle regioni. Inoltre i posti di lavoro disponibili rispettano gli standard della Labour Organization e delle Nazioni Unite. Infine tutte le nostre fabbriche sono soggette a controlli della salute e della sicurezza, condotti da terze parti indipendenti ed provenienti dalla Fair Labor Association.”
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