Nel 2010 Nike Basketball ha raggiunto il suo apice proponendo 3 modelli storici: Kobe V, LeBron 7 e KD 2. Le colorazioni realizzate per l’All-Star di quell’anno sono andate a ruba, sia tra i giocatori di basket che tra gli sneakerheads, che le hanno definite come le migliori All-Star kicks di sempre.
Fino al 2013 Nike Basketball non aveva rivali, e l’unico marchio che gli teneva testa era Jordan Brand con le sue Retro. In così poco tempo, però, l’industria delle sneakers è cambiata moltissimo, e adidas, con il suo Primeknit, è diventata una vera potenza anche nell’ambito della pallacanestro, quando nel 2015 ha introdotto la Ultra Boost.
Oltre al brand delle tre strisce, due altre problematiche nascenti nello stesso periodo erano rappresentate da Steph Curry e dalla Under Armour. La storia che Steph fosse un atleta Nike e che ha lasciato il marchio per uno nuovo, giusto per avere la propria signature sneaker, è risaputa, ma questa scelta, considerando la sua ascesa nell’NBA, ha avuto un impatto fortissimo.
Quindi la decisione di Nike di non produrre le colorazioni All-Star, oltre ai motivi già elencati è dovuta ad una scelta precisa. Il brand riconosce la mancanza di richiesta di questo tipo di prodotto ed aggiungere altre scelte nel proprio sito non incentiverebbe la domanda d’acquisto. Con questo non significa che Nike Basketball sia in calo, anzi la Kyrie 3 è tra le best-seller e la PG1 sta ricevendo ottime critiche. Il punto è che ormai sono principalmente considerate come calzature per lo sport e non come prima, anche da collezione o per uscire, così come le vecchie LeBron o la Foamposite.
Ora Nike Basketball deve affrontare questa nuova sfida, ma non è più facile come prima.
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